Titolo Libro: POKER FORMULA 2

Recensione: Recensione apparsa su Assopoker.com

Arnold Snyder sembra avere un approccio ai tornei di poker decisamente differente rispetto a quello illustrato da molti altri autori. Mentre, nel primo volume della serie, lo stesso si focalizzava su una innovativa strategia volta ad offrire le migliore chances per battere i tornei a struttura veloce, in questa seconda parte invece ci parla dei tornei deep stack, cioè quelli più lenti come il Main Event delle World Series of Poker. Se il primo titolo basava tutto sull’idea del “fattore pazienza” – un valore numerico assegnato ad un torneo in base al tempo di sopravvivenza di un giocatore prima che fosse eliminato dai bui troppo alti – questa volta invece l’attenzione è per quello che Snyder chiama la “chip utility”, ossia il valore che assume ogni chip in base a quali giocate ci permette o meno di fare. L’autore spiega infatti che, contrariamente a quanto si pensa di solito, man mano che ammassiamo chips in un torneo le ultime aggiunte allo stack hanno maggiore valore per via della loro utilità crescente.Per Snyder, dunque, la chip utility è il concetto chiave di un torneo, e pertanto vanno fatti tutti gli sforzi possibili per mantenere uno stack che ci permetta di fare quello che lui chiama “full utility”, ossia la piena libertà di mettere in campo – in qualsiasi momento del torneo - un completo range di azioni pre e post flop, con la doppia finalità di continuare a mettere pressione sugli altri giocatori e di aumentare lo stack per cercare non solo di arrivare “in the money” ma anche di competere per la vittoria finale.Secondo Snyder, la full utility significa avere un numero di chips pari ad almeno 100 big blinds. E già da qui si possono notare le differenze con il concetto di “M” introdotto da Harrington nei suoi popolari libri. Infatti per Dan la “zona verde” equivale ad avere un M di 20, cioè la possibilità di giocare per 20 giri di bui e ante prima di azzerare lo stack.Quindi, ad esempio, se i blind sono 200-400 con ante di 50, per Harrington un giocatore si trova nella “green zone” con uno stack di 22.000, mentre per Snyder la dotazione di chips diventa pienamente funzionale solo se è pari a 40.000.Altre fondamentali differenze si possono riscontrare anche nei diversi stili suggeriti dai due autori: Arnold è più per un approccio small-ball, con piena libertà quindi di giocare i suited connectors, le coppie piccole, i one-gappers e così via, e con un largo uso di continuation-bet, probe bet, bluff e tutte le altre mosse post-flop che però non mettano a repentaglio grosse porzioni dello stack. Oltre a tutti i consigli per meglio gestire tale tipo di gioco, Snyder si occupa naturalmente anche del long-ball, fondamentale in alcune situazioni spesso ricorrenti nei tornei deep-stack.Così come fatto nel primo libro, anche in The Poker Formula 2 viene ampiamente rimarcato il concetto che per vincere un grosso torneo non è possibile aspettare che ci vengano distribuite le mani più forti, ma occorre invece iniziare ad agire già nei primi livelli di gioco, cercando di sfruttare appieno una delle migliori armi che abbiamo a disposizione: l’aggressività.L’autore a tal proposito ci fornisce moltissimi esempi pratici per un suo corretto utilizzo. Nella sezione intitolata “Five Easy Fleeces”, Snyder spiega accuratamente i cinque tipi di bluff che tutti i giocatori devono utilizzare per mettere fuori strada gli avversari al tavolo. Tali bluff vengono analizzati da diverse posizioni e in diversi punti della mano, ed inoltre vengono puntualizzati i modi di agire che rendono più efficace una simile giocata e quelli che invece potrebbero insospettire gli altri. La sezione finale del libro è infine incentrata sul come giocare le cinque fasi caratteristiche di ogni torneo, ossia:1. La costruzione dello stack2. Il campo minato (quando i giocatori provano il colpo da short-stack)3. La zona bolla4. A premi5. Il final tableIn conclusione, il lavoro di Snyder è sicuramente ben strutturato ed argomentato. Grazie alla spiegazione di un approccio di gioco decisamente diverso rispetto a quello riscontrabile nei testi di Harrington, il lettore potrà imparare a gestire un torneo in maniera alternativa a quella classica, ed avrà la possibilità di riuscire a ritagliarsi il proprio spazio tra i protagonisti anche quando le carte migliori stenteranno a manifestarsi.Recensione a cura di Assopokerhttp://www.assopoker.com    

Recensione: Recensione apparsa su Pokeritaliaweb

Arnold Snyder non è un giocatore convenzionale, ma uno con una particolare teoria che ha come obbiettivo la vittoria dei tornei a cui partecipa. Nel corso degli anni ha sviluppato una tattica che possiamo definire "Utilità delle chips".  Poker Tournament Formula 2, si occupa proprio di questa particolare teoria, di come metterla in pratica e di come renderla vincente. Snyder è abbastanza convincente nell'esplicazione del tutto, ponendo in risalto il fatto che ogni chip ha un valore specifico che accresce quanto più cresce il volume del proprio stack.Per Snyder, l'utilità chip è tutto in un torneo, e lui cerca di mantenere sempre una pila di chip che gli permetta ciò che egli chiama "utilità totale", dove si sente libero di poter fare una gamma completa di puntate pre e post-flop in qualsiasi momento, al fine di continuare a fare pressione sugli altri giocatori al tavolo e continuare a costruire il suo stack, con un occhio verso, non solo l'incasso, ma sopratutto alla vittoria del torneo. Quantificando questa Utilità Totale, leggiamo nel libro che essa si attesta sui 100 grandi bui e da qui si nota subito la differenza con Harrington, che in generale fissa la famosa zona verde sull' M20 ovvero la possibilità di pagare 20 turni di bui e ante, prima di essere in grave difficoltà. In pratica questo rapporto ci dice che la diversità dipensiero tra Snyder ed Harrington è enorme, infatti Snyder personalmente, nel suo libro, ritiene di poter giocare liberamente avendo ipoteticamente, piu del doppio delle fiches che basterebbero alla teoria di Harrington.Snyder fornisce inoltre argomenti convincenti sul fatto che per vincere un torneo non si può aspettare solo di giocare le Premium Hands, perche capitano troppo raramente, mentre per accumulare chips, c'è bisogno di fare azione, questo naturalmente in un grande torneo multi-tavolo. Per fare aumentare il proprio stack, afferma l'autore c'è un unico modo, attraverso la costante aggressione, creando paura e rispetto nella mente degli avversari. La sezione finale del libro è dedicata alla descrizione di Snyder di come giocare nelle cinque fasi di un torneo, che egli elenca come:1) Stack building, - costruzione di Stack,2) The Minefield (when players are taking shots with short stacks),  - Il Campo Minato (quando i giocatori sono delle riprese con gli short stacks),3) The Bubble,  - La Bolla4) The Money, - Il denaro5) The Final Table.  - Il tavolo finale.Mentre le tattiche aggressive  sono presenti in tutte le fasi, ci sono molte sfumature presentate su come affrontare il terreno che cambia, con gli errori comuni che i giocatori fanno in ogni punto lungo la strada.Recensione a cura di Diego "DiegoElvis" Ricci per Pokeritaliawebhttp://www.pokeritaliaweb.org

Recensione: Recensione apparsa su Pokerworks.com

Se leggete la mia recensione di Poker Tournament Formula, saprete che l’autore Arnold Snyder ha un approccio ai tornei di poker molto diverso rispetto a gran parte dei precedenti scrittori che hanno trattato l’argomento. Mentre nel primo volume della sua serie, Snyder si concentrava su una strategia completa per battere i tornei con struttura veloce, in Poker Tournament Formula II cambia marcia e affronta i tornei deep stack più lenti, fino a includere il Main Event delle World Series of Poker. Mentre il primo libro si imperniava sul concetto di “patience factor”, un valore numerico assegnato ai tornei in base a quanto avanti un giocatore potrebbe andare avanti in una competizione prima di venire mangiato dai blinds, qui Snyder plasma una strategia completa fondata su ciò che chiama “chip utility”, il valore che ciascuna chip assume in base alle giocate che permette di fare o di non fare. L'autore espone un’argomentazione convincente, contraria all'opinione comune, secondo la quale, accumulando più chips in un torneo, ogni nuova chip aggiunta allo stack ha in realtà più, e non meno valore, per via della sua utilità. Per Snyder la chip utility in un torneo è tutto e lui fa tutto il possibile per mantenere sempre uno stack che gli dia quella che definisce “full utility,” una condizione in cui si sente libero di poter fare sempre tutta una serie di giocate prima e dopo il flop, cosicché da continuare a mettere pressione agli altri giocatori al tavolo e continuare ad accrescere il suo stack, con un occhio non soltanto verso la zona premi, ma anche alla vittoria del torneo. Per Snyder, la full utility si ha con uno stack di almeno 100 big blinds. Notate come questa concezione sia molto diversa da quella relativa alla “zona verde” di Harrington, la zona che secondo quest’ultimo consente ai giocatori di agire liberamente quanto a mosse, in cui hanno un fattore M di 20, il che significa che possono pagare 20 giri di blinds e ante prima di essere mangiati dai blinds. Ad esempio, se i blinds fossero 200-400 con un ante di 50, Harrington dice che un giocatore si troverebbe nella zona verde con uno stack di 22.000, mentre Snyder si sentirebbe pienamente efficiente soltanto se avesse uno stack di 40.000. Molta della differenza sta negli stili di gioco scelti dai due autori. Snyder è un sostenitore dello small ball e vuole essere libero di giocare suited connectors, coppie basse, one-gappers unsuited e roba simile e poter effettuare continuation bet, information bet, bluff e altre giocate postflop senza rischiare di perdere una grossa fetta dello stack. Sebbene l'autore prediliga chiaramente un poker di tipo small ball, nel libro descrive anche delle strategie per i giocatori long ball, riconoscendo che in fine dei conti la struttura dei blinds di tutti tornei tranne quelli più di tipo deep stack richiedono un gioco attento con piatti ricchi. Esattamente come il primo libro della serie, Poker Tournament Formula 2 è destinato a dare una scossa e una svegliata ai giocatori che si attengono a certe teorie di gioco basate soprattutto sulle carte che si ricevono. Snyder fornisce delle argomentazioni convincenti secondo le quali le mani premium non si ricevono abbastanza spesso da riuscire ad arrivare al tavolo finale di un grosso torneo multitavolo e di conseguenza occorre darsi da fare sin dall'inizio del gioco così da assicurarsi che una o due mani sfortunate non pongano termine al proprio torneo. Il sistema per riuscirci, afferma, consiste in un’aggressività costante, creando timore e rispetto nelle menti degli avversari. Strada facendo l'autore dà molti consigli pratici su come impiegare le tattiche aggressive che raccomanda. In una sezione preziosissima descrive nei dettagli i cinque tipi di bluff che tutti i giocatori devono utilizzare regolarmente, per fare stare in difficoltà gli avversari al tavolo. Tratta bluff da posizioni diverse in momenti diversi di una mano e mette in evidenza ciò che un buon bluff comporta esattamente e quali tipi di puntate spingeranno gli avversari a fare call soltanto perché “ c'è qualcosa che non va”. Anche qui dedica molto tempo a distruggere ciò che secondo lui sono falsi miti radicati riguardo a quando fare o non fare un bluff, spiegando le pecche presenti in alcune delle concezioni classiche sull'argomento. La sezione conclusiva del libro è dedicata alla descrizione di Snyder su come giocare nelle cinque fasi di ogni torneo, che per lui sono: 1) L’accumulo dello stack, 2) Il campo minato (in cui i giocatori che si trovano corti tentano il tutto per tutto), 3) La bolla, 4) La zona premi, 5) Il tavolo finale.   Sebbene le tattiche aggressive che sostiene siano presenti in tutte le fasi della competizione, vengono presentate molte sfumature rispetto a come gestire la fase di transizione, insieme a degli avvertimenti sugli errori comuni che i giocatori commettono via via. Ancora una volta l’opera di Snyder è ben approfondita e spiega, in dettaglio, tutte le idee che intende comunicare. Mentre il primo libro descrive i tipi di giocatori che si incontrano nei tornei con struttura veloce, qui aggiunge all'elenco dei giocatori che si possono incontrare nelle competizioni con struttura più lenta. Mi sono ritrovato a ridere di fronte alla sua descrizione degli “Harringbot”, dei “Killer”, delle “Superstar”, degli “Hangers-On” e dei “Groupies”. Impiega un po' di tempo a parlare di come cogliere i tell (la maggior parte di questi dati risulterà familiare a chiunque abbia letto i libri classici sull'argomento), ma, ancora più importante, informa il lettore su come giocare contro i diversi stili dei giocatori che fronteggerà. La serie di due volumi, nel complesso, è un acquisto fondamentale per ogni biblioteca di poker. Ho cominciato a vedere il libro di Snyder come l’“anti-Harrington”, non per via di una qualche forma di avversione da parte sua nei confronti di Dan Harrington (sebbene disprezzi gli “Harringbot”, dice chiaramente di non pensare che lo stesso Harrington giochi in quel modo), ma piuttosto per via del modo in cui l'approccio al gioco costantemente aggressivo di Snyder si contrappone così bene allo stile misurato e incentrato sulle carte di Harrington. Ribadisco, se il vostro gioco è diventato prevedibile, caratterizzato da risultati magri e ipotizzabili, le idee di Snyder possono darvi una scossa e lanciarvi in un riesame di quelle cose che nel gioco da torneo non stanno funzionando per voi.

Recensione a cura di ClearSpine

per www.Pokerworks.com